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Scrittrici che restano… nel cuore

 

Il mio primo approccio con Sara Rattaro è stato professionale. Il mio caporedattore mi aveva detto di contattarla per un’intervista. Stava uscendo il suo nuovo  romanzo “Non volare via”. Allora Sara era al primo grande successo di pubblico e si è rapportata a me in modo semplice, disponibile, se vogliamo quasi incredula di tanta attenzione. Capita a molti quando sono agli inizi… Il punto è che dopo un po’ di anni, qualche milione di libri venduti, otto romanzi tradotti in una quantità impressionante di lingue e parecchi premi e riconoscimenti, Sara è ancora così e sono certa che lo rimarrà per sempre. Credo che il suo modo di essere sia la chiave del suo successo. La Rattaro sa arrivare al cuore delle persone proprio perché il suo è un cuore grande e con la sua penna prodigiosa riesce a illuminare le anime e i sentimenti umani. E anche con il suo nuovo romanzo “Uomini che restano” ci si ritrova a fare notte perché non si riesce a smettere di leggere…

Quale sensazione si prova scoprendo che, dopo due giorni dall’uscita, il proprio libro è già in ristampa?

«Si sorride e si ringrazia per l’emozione che grazie al cielo c’è sempre.»

Il tuo ultimo romanzo in che cosa si differenzia dagli altri?

«La differenza più saliente è sicuramente la comparsa di Genova, non solo come ambientazione necessaria nella sua accoglienza del dolore delle mie protagoniste, ma anche come voce narrante.»

Quest’autunno è uscito anche il tuo primo racconto per ragazzi. Era una storia a cui tenevi molto, giusto?

«Sì. È la biografia romanzata di Albert Sabin, lo scienziato che ha salvato il mondo. Mi fu raccontata quando ero una bambina e credo abbia illuminato il mio cammino. Sabin fece un gesto di grande generosità decidendo di non brevettare il vaccino per la Poliomielite e quel giorno decise le sorti di tutti noi. Ci salvò.»

Quali sono le principali difficoltà cambiando genere e target?

«Non ho incontrato grosse difficoltà. Certo ho prestato molta attenzione e ho letto molti romanzi dedicati al nuovo target. La forza risiede sempre nel raccontare storie che sappiano smuovere l’anima, perché le emozioni sono contagiose. Il più bello dei contagi.»

I libri sono come i figli, impossibile sceglierne uno, ma forse c’è uno dei protagonisti a cui sei più affezionata?

«È difficile scegliere. Ogni libro e ogni protagonista è stato importante in quel momento per me, per la mia carriera e per il momento storico in cui l’ho raccontato.»

I lettori aspettano con ansia i tuoi romanzi e tu li hai abituati bene, con almeno un titolo all’anno. Non hai paura del “famigerato” blocco dello scrittore?

«Lascio che non mi colga. Quando non arriva l’ispirazione, mi dedico ad altro. È un buon modo per non farsi prendere dall’ansia. Poi, se vuoi fare questo mestiere, hai sempre una storia che ti tormenta l’anima.»

Per tanto tempo hai tergiversato a definirti una “scrittrice”, sembrava quasi stentassi a crederci … finalmente ti abbiamo convinta?

«Ora lo posso affermare. Sono una scrittrice semplicemente perché cerco sempre il modo giusto per raccontare quello che mi circonda, anche le cose più banali.»

Tu sei appassionata anche di cinema. Se potessi scegliere, quale dei tuoi libri ti piacerebbe vedere sul grande schermo?

«Credo che “Un uso qualunque di te” avrebbe sbancato al botteghino.»

Immagino ci sia già qualche storia che si fa strada nella tua testa per essere trasformata in un nuovo capolavoro?

«Per fortuna sì. In questo momento, sto lottando con almeno due storie interessanti. Vedremo quale delle due avrà la meglio.»

Qual è il consiglio più prezioso che ti hanno dato in questi anni?

«Che l’umiltà serve a scoprire la grandezza degli altri e non ad aver paura dei propri limiti perché la consapevolezza di sé è sempre un punto di partenza e mai di arrivo.»

Un ricordo della “Sara esordiente” che ti intenerisce?

«Le presentazioni a cui non veniva nessuno. Una delle cose migliori che mi sia mai capitata. Mi ha insegnato tanto su questo mestiere.»

A presto!
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