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Quando “Il Caffè” ti va di traverso…

Arrivo sempre un po’ in ritardo… Perché tutto sommato preferisco riflettere. Per dirla alla Gramellini ho “perso l’energia pura, folle e un po’ ingenua dei vent’anni”. Ed è proprio di lui che vorrei parlare che apostrofa con queste parole la giovane rapita in Kenia non rendendosi conto che alla sua età prima di scrivere bisognerebbe riflettere a lungo. Forse ha avuto un rigurgito di gioventù con il suo pezzo per la rubrica “Il caffè” sul Corriere della sera ed è stato avventato.

Gli attacchi sui social sono partiti a raffica già di prima mattina, ma la colpa secondo lui è dei lettori che si sono fermati all’incipit. Sostiene che le sue parole siano state travisate. Iniziamo con il chiarire che se sei un giornalista, uno che nei suoi articoli ha come scopo quello di veicolare un messaggio, e dici di essere stato frainteso, allora o non hai fatto bene il tuo lavoro, o i tuoi lettori hanno capito benissimo quello che intendevi e adesso tenti di smarcarti. Perché la verità è che il suo commento è stato capito benissimo.

Io non ce l’ho con lui a priori, anzi. Nella sua carriera ho persino apprezzato molte cose di quelle che ha detto e capisco che non sia facile snocciolare per 5 giorni alla settimana argomenti per una rubrica e sviscerarli in profondità in poche righe . Se, però,  ieri potevo giustificarlo oggi non più.

E qui arriviamo al punto… ho fatto bene ad aspettare a scrivere perché Gramellini ha pensato bene di replicare anche stamattina tornando sulla questione e facendomi andare di traverso il Caffè. “In tanti anni di corsivi quotidiani ho scritto la mia quota parte di sciocchezze, ma non ho mai replicato a un attacco ingiusto. Se stavolta lo faccio, è solo per segnalare un pericolo che ci riguarda tutti. I social hanno instaurato la dittatura dell’impulso, che porta a linciare prima di sapere e a sostituire la voglia di capire con quella di colpire. Si tratta di una minoranza esigua, ma non trascurabile, perché determinata a usare uno strumento alla moda per condizionare, storpiandola, la realtà. Persone che, in nome del Bene, arrivano ad augurarti di morire.”

Uno sperava che magari facesse un po’ di chiarezza sulle sue parole e invece niente, gli scemi siamo noi che non abbiamo capito. E così siamo superficiali, sciocchi e prevenuti. Per carità sulle minacce ha ragione, sul fatto che la gente ha preso il brutto giro di attaccare, linciare e giudicare senza pensarci troppo ha perfettamente ragione. Ma la mia assoluzione si ferma lì. La domanda resta una: “A Massimì che ce volevi dì su Silvia Romano che non abbiamo capito?” Ma con un titolo come “Cappuccetto rosso” che cosa dovevamo pensare? Se non che consideri Silvia un’ingenua bambina avventata che portando i dolcetti a casa di nonna si è fatta imbarcare da un lupo! O no? E non andiamo a scomodare la metafora sessuale che sottointende la fiaba perché se Gramellini alludesse anche a quella (ma dubito che sia a conoscenza di questo risvolto erotico) sarebbe gravissimo. L’impressione è che abbia voluto dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Il pezzo è un lungo preambolo che evidenzia i punti su cui si potrebbe biasimare la giovane volontaria per poi assolverla con frasi che manco ai personaggi di Moccia farebbero onore.

Meglio essere dei giovani ingenui, che stanno tre metri sopra al cielo, ma costruttivi o degli anziani scettici e disfattisti, che fanno il tifo per il principe machiavelliano?

Immagino che Gramellini aspetterà di andare a fare il Tronista alla Corte di Fazio nel week end per essere assecondato, difeso, assolto e magari anche santificato!

E per dirla con parole sue: “Viviamo nella dittatura dell’istante: ieri è già un secolo fa e domani un orizzonte talmente incerto e lontano che il passare del tempo sembra uno spreco”. Direi che sull’argomento ho già sprecato troppo tempo!

A presto!
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